La nicchia - numero 44 - Miguel Angel Bustos: si può uccidere il poeta, non la poesia

Non dimentichiamo niente

C’è una sorta di intuito che guida chi legge e che con l’andare del tempo si acuisce e si raffina: non è infallibile ma spesse volte conduce a scoperte importanti.

Accade così che in una tranquilla domenica di giugno, in una libreria sconosciuta, un titolo accenda la curiosità: “Frammenti fantastici”. L’autore mi è  totalmente sconosciuto.

Apro a caso e leggo.

1)     Abbiamo scambiato il nostro destino di dei con un destino di mercanti

2)     Quando morì mio padre nacque il suo oblio

3)     All’ultimo albero del bosco, lì comincia il bosco

4)     Un fiore ne riflette un altro che sta dall’Altra Parte.

Chiudo il libro e lo riapro sull’introduzione. Chi sei Miguel Angel Bustos?

Miguel Angel Bustos era un pittore, poeta, giornalista e critico letterario nato a Buenos Aires nel 1932; nel maggio del 1976, a causa delle sue manifeste prese di posizione contrarie al regime, venne arrestato e scomparve, condividendo la sorte degli oltre trentamila desaparacidos i cui corpi non furono mai ritrovati o identificati. Le sue opere (pensieri, racconti, prose poetiche e soprattutto poesie) continuarono a circolare clandestinamente, fotocopie e manoscritti che passavano di mano in mano per essere letti in solitudine o nel nascondimento.  Soltanto trent’anni dopo la sua scomparsa, grazie anche e soprattutto alla moglie Iris Alba e al figlio Emiliano (che all’epoca aveva solo quattro anni) i suoi scritti vennero pubblicati in Argentina.

Nel 2022, Asinelli Editore pubblica per la prima volta in Italia Bustos, tradotto da Laura Branchini. I testi sono preceduti da una nota del figlio Emiliano nella quale, tra l’altro, descrive brevemente la sezione italiana della biblioteca lasciata dal padre: due versioni della Divina Commedia, tutto Leopardi, le Lettere dal Carcere di Gramsci, e poi Cesare Pavese, Nanni Balestrini, Pier Paolo Pasolini, Edoardo Sanguineti. E “l’immortale libro di Carlo Collodi”.

Apro ancora il libro.

Mi colloco sulla terra

Un giorno sarò l’assenza invisibile di Miguel Angel

Dopo il mio oblio

Il segno di un piede nudo sull’acqua.

Un gesto

Una schiena.

Ma oggi ho un midollo di fuoco.

Una pelle tesa

Moltiplicata nella mia gola.

Un pugno giovane

Al centro delle mie ossa

Che si afferra profondamente.

Nella luce

La mia fronte e le mie dita

Come arterie conficcate

Nel calore della terra dura.

*-*-*

Canto del fortunato

Signore, Signore perché mi hai abbandonato

Se io ero inumano

Ma pregavo tutte le domeniche.

Ho cercato di essere altare

Sette ostie alla settimana per me

Un unico oro per me il tuo sangue.

Adesso io mi do ventiquattro tocchi di campana

E mi addormento come un pezzetto di terra.

Quando morirò

Sotto il canto inumano dei miei

Fratelli

Sarò reliquia urina aroma.

Resterò nelle mie ossa per l’intera

Eternità. Amen.

*-*-*

Oggi mi trincero

Oggi mi trincero

Dietro

La mia fronte

E il grido della mia lingua.

Non mi volgo al vento

Al sole

Alla pioggia paurosa.

Oggi rimango

E mi sprofondo

A gola in giù,

fino a toccarmi i talloni.

Oggi mi trincero

E mi ripiego,

piccolo

umano,

fino a che il volo

abiti le mie viscere

*-*-*

Io muoio

Io muoio,

non senza attendere il sole,

senza spezzare un pane

a bagnarmi le dita nell’acqua.

E gridare forte in un parco

Mare, terra fresca, mare!

Sulla pietra scalzo

Dimentico della mia morte.

*-*-*

Non dimentichiamo niente

Non dimentichiamo il pianto

Né il vuoto dei morti sulla terra.

L’America va avanti con tutto il dolore.

Ma canta.

Non con voce forte.

Canta il giorno di luce che arriverà

Lungo il fiume di frumento,

all’ardore dei suoi uomini

schierati e in marcia.

Non dimentichiamo niente.

Ma il canto è la febbre più alta.

Fluisce dalle nostre fronti,

Indica il nostro sangue.

Alto. Altissimo.

Come il nostro amore.

 

Miguel Angel, ti porto a casa con me, e ti metto nella mia libreria, tra le schiere dei poeti; non dimentico il tuo canto. Sei la prova vivente – sì, vivente – che si può uccidere il poeta, non la poesia.

@abigail