La nicchia - numero 52 - Il passaggio della fiamma

A volte si hanno dei pensieri folgoranti: delle idee o dei guizzi! che, nelle loro-nostre epifanie, portano a degli assunti ‒ almeno per noi sognatori ‒ imprescindibili.

Così io penso (approfondendo la vita di Pavese) che se Cesare Pavese non avesse fatto quello che ha fatto e non avesse scritto quello che ha scritto, la mia vita, oggi, sarebbe diversa.

Intendo: fu grazie a Pavese (e indubbiamente grazie a tanti altri collaboratori) che l’Einaudi diventò grande. Fu quindi grazie anche a lui, che ha permesso l’esistenza della casa editrice, che io oggi ‒ ma meglio sarebbe dire, nel tempo ‒ ho potuto conoscere e incontrare Andrea Temporelli e Sandro Bonvissuto: tutti e due autori Einaudi. E con loro, poi, tutti quegli altri amici e nemici che fanno nobile o scaltra la nostra letteratura italiana.

Fu grazie alla sua intuizione e alla sua cultura (meglio ancora sarebbe dire: grazie alla sua voglia di fare poesia e letteratura), che io ho potuto stringere mani. Poiché il poeta, nel tempo, non potrà far altro, in quanto questo significa il passaggio della fiamma, il perpetuarsi di un incontro.

E se qualcuno, su questo assunto, avesse da ridire, negando la parola destino intesa come movente letterario, proprio perché non ci crede e non è neppure moralista, mi consenta quanto meno di insistere sulla parola sogno. Poiché è grazie al sogno, al mio crederci incessantemente, che il mio essere poeta matura nel tempo; e con il mio essere, matura la forma e la sostanza di ciò che scrivo. Tutto diventa sempre più vero ‒ responsabile. Tutto parte sempre da un sogno, che si ravviva nel fuoco dello sguardo, nel fuoco di un’anima pronta a credere fino in fondo all’impossibile poesia.

 

Giorgio Anelli