La nicchia - numero 55 - UNA CORRISPONDENZA PRIVATA (E FAVOLOSA)

Un fascio di lettere che coprono il periodo agosto 1935 – Gennaio 1959, selezionate da George Wickes e pubblicate nel 1963 dall’editore Dutton di New York ricostruiscono il sodalizio umano e professionale tra Lawrence Durrell e Henry Miller. Inglese il primo, americano il secondo; li separano oltre all’Oceano, una ventina di anni.

Il giovane ventitreenne Durrell prende carta e penna per complimentarsi con lo scrittore americano, autore del celeberrimo Tropico del Cancro, pubblicato nel 1934 a Parigi dalla Obelisk Press, in lingua inglese. Scritto in prima persona, ricco di riferimenti autobiografici, il romanzo descrive l’ambiente parigino di quegli anni  ed il fermento artistico e culturale dell’epoca dei bassifondi e dei bordelli, tra fiumi di alcol e cortine di fumo. Una scrittura cruda ed insieme colta, l’utilizzo del flusso di coscienza, il fremito dei venti di guerra sono alcuni degli elementi che fecero del Tropico uno spartiacque della letteratura americana ed una pietra di scandalo nel mondo della letteratura conservatrice e benpensante.

Il libro  circolò clandestinamente negli Stati Uniti per quasi trent’anni (l’editore venne processato – ed assolto – per oscenità, determinando la modifica delle allora vigenti norme in materia di pornografia) e soltanto nel 1962 venne pubblicato in Italia.

Preziosa l’introduzione del curatore del carteggio, pubblicato nel 1963: la scelta delle lettere è fatta da Durrel e Miller, che hanno selezionato quelle a loro avviso più significative – circostanza che le rende ancor più preziose – omettendone altre contenenti indiscrezioni che avrebbero potuto creare imbarazzi o risentimenti. Apprendiamo, sempre dal curatore, che Durrell e Miller si scrivevano ora a mano, ora con la macchina da scrivere, e se Miller normalmente utilizzava della carta da lettere, Durrell scriveva su tutto: carta intestata di hotels, retro di volantini pubblicitari, menu, illustrazioni pagine strappate da qualche libro, ritagli di carta di ogni colore e forma.

Il carteggio inizia così. Il resto è storia.

 

 Villa Agazini, Perama, Corfu

Agosto 1935

Caro sig. Miller:

Ho appena riletto Tropico del Cancro e sento il desiderio di scriverle qualche riga in proposito.

Mi colpisce come se fosse davvero la sola opera dell’uomo di cui questo secolo possa vantarsi. E’ un trionfo fin dall’inizio, e non solo uno scossone letterario ed artistico per tutti: riversa sulla carta il sangue e la carne del nostro tempo. Non ho mai letto niente di simile. Non avrei mai potuto immaginare che qualcosa del genere potesse essere scritto e, curiosamente, leggendolo mi pareva di ritrovarvi cose per le quali noi tutti eravamo pronti. I Tropici sono la svolta di una nuova vita che ha riconquistato la sua carne.

Di fronte a ciò l’elogio diventa banalità; perciò, per  l’amor di Dio, non mi dia colpe se queste parole sembrano il belato di un vecchio recensore o la pubblicità di una crema emolliente.

Dio solo sa che io peso le parole come sono capace, ma questo benedetto libro ha scosso la superficie come un terremoto ed ha sovvertito tutti i miei criteri. Amo la sua carnalità, amo vedere come il canone dei buoni sentimenti sia stato sbaragliato; amo vedere seppellita da terra concimata tutte le sciocchezze ed i capricci degli autori contemporanei, da Eliot a Joyce. Dio ci ha dato giovani desiderosi di piantarvi sopra margherite al termine del lavoro.

Tropic è quello che i contemporanei hanno cercato di fare sin dal tempo della Guerra. E’ la stesura definitiva di quelle deboli, indefinite, grossolane bozze – Chatterley, Ulysses, Tarr, ecc.. Non solo torna indietro (come nessuno di loro ha fatto) ma va anche avanti!

Infine, Tropic è la via per uscire dalla latrina; è buffo che nessuno abbia pensato di scivolare via attraverso il tubo di scarico, preferendo restare alla porta. Io saluto Tropic come il manuale della mia generazione.  

E’ a dimensione di uomo, e va dritto in cima alla classifica di quei libri (che sono pochi e preziosi) che gli uomini hanno tirato fuori dai loro visceri.

Dio mi protegga, tutto ciò sembra pomposo, ma cosa ci posso fare?

Muoiano i Rahuisti! Brindiamo al fluire incessante!

Cordialmente

Lawrence Durrell

*-*-*

18 Villa Seurat, Paris (XIV)

1 settembre 1935

Caro sig. Durrell,

Anche la sua lettera mi ha scosso un po'. Lei è il primo Inglese che mi scrive una lettera intelligente a proposito del mio libro, il primo fra tutti ad aver colto nel segno. Apprezzo particolarmente la sua lettera perché è il tipo di lettera che avrei scritto a me stesso se non fossi l’autore del libro. Non si tratta soltanto di pura vanità ed orgoglio, mi creda. E’ bizzarro che così poca gente sappia cosa apprezzare in un libro.

La frase che mi ha colpito particolarmente, nella sua lettera, è: “mi pareva di ritrovarvi cose per le quali noi tutti eravamo pronti”. Proprio così. Il mondo è pronto per qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, ma sembra che sia necessaria una guerra o una calamità colossale perché la gente se ne renda conto.

La sua lettera è così vivida, così appassionata, che io sono curioso di sapere se lei stesso non sia uno scrittore. Com’è venuto a sapere del libro – tramite Barclay Hudson?

Cordialmente vostro

Henry Miller

 

Lawrence Durrell - Henry Miller, A Private Correspondence , edited by George Wickes, Dutton NY,1963

 

L’articolo e la traduzione delle lettere sono di @bigail